L'arte dell'attenzione coltivata con lo Yoga

Lo Yoga è una pratica che si realizza attraverso il corpo, ma in realtà rappresenta un profondo stimolo per lavorare sulla nostra mente.

Entrare in una posizione fisica dello Yoga (asana) può risultare più o meno facile, a seconda del grado di flessibilità e di allenamento, ma sicuramente più difficile è scegliere di orientare l'attenzione all'ascolto di quello che succede dentro di noi, mentre pratichiamo.

Ci vuole tempo, non è una faccenda immediata.

E soprattutto ci vuole l'intenzione.

Portiamo nella sala Yoga l'intenzione di ascoltarci in profondità, qualunque emozione emerga durante la pratica.
Portiamo con noi l'intenzione di coltivare gentilezza e rispetto verso il nostro corpo, senza pretendere che si allunghi come il compagno vicino o come sapevamo fare meglio alcuni anni fa.

Possiamo scegliere in ogni momento dove dirigere la nostra attenzione guidati da queste intenzioni. Ma per prima cosa è necessario notare quali pensieri automatici genera in continuazione la nostra mente, mentre entriamo ed usciamo dagli asana.

Quando una posizione ci riesce particolarmente bene, ad esempio, la mente incantata dal successo potrà iniziare a raccontarci quanto siamo bravi, e un'emozione di soddisfazione potrà accompagnare questo pensiero.
Possiamo allora fermarci un attimo, accorgerci di pensare e sentire questo, e iniziare a considerarlo qualcosa di transitorio, automatico, legato alla naturale aspettativa di fare una buona performance (che con grande probabilità ci attraversa tutti).
Respirando possiamo scegliere a questo punto di lasciarlo andare, e condurre l'attenzione all'ascolto delle altre sensazioni sottili che quella posizione sta generando nel nostro corpo.

E così, la mente può aprirsi alla curiosità.

E con la curiosità potrà scoprire qualcosa di nuovo nel nostro corpo: la presenza di qualche muscolo che non sapevamo quasi di avere, e che quella posizione ci fa percepire invece così bene; emozioni che ci accompagnavano in sordina da tutta la giornata, e che riemergono con intensità durante la pratica.

Foto di Elly Fairytale da Pexels

Lo stesso processo possiamo applicarlo quando il nostro corpo è invece particolarmente scomodo in un certo asana.
La mente sarà portata a dirci quanto non siamo capaci, i nostri occhi guarderanno i corpi elastici dei compagni generando una serie di confronti, mentre frustrazione e fastidio aumentano dentro di noi.
Anche dopo anni di pratica, è del tutto normale che possano scattare questi meccanismi.

Ma con il tempo si impara a sapersi fermare, per poterli osservare e riconoscere per ciò che sono: soltanto pensieri automatici. E forse scapperà anche un sorriso sul volto, mentre con autoironia penseremo: "ecco che la mia mente mi porta qui anche questa volta!".

E a quel punto con gentilezza riporteremo la nostra attenzione all'esperienza che ci sta donando il nostro corpo, provando verso di lui rispetto e amicizia.

Torneremo a casa dalla lezione di Yoga consapevoli di esserci presi cura di noi, rendendo tonico e flessibile il corpo, ma soprattutto allenando la mente ad osservarsi e ascoltarsi con coraggio.


Elena Brower dedica un intero libro a questo tema: vivere e praticare lo Yoga sviluppando l'arte dell'attenzione.

Fare dell'attenzione un'arte significa essere eleganti e sinceri con sé stessi
Elena Brower